venerdì 22 febbraio 2008

L'arte nella peistoria I primi passi

RICERCHE A CURA DI D. PICCHIOTTI

Con il termine preistoria si intende quel grande periodo che precede l’invenzione della scrittura, la cui prima comparsa è databile al 4.000 a.C. È un periodo lunghissimo che inizia qualche milione di anni fa, dalla prima comparsa dell’uomo al mondo. Ma la storia dell’arte inizia molto dopo: all’incirca intorno al 30.000 a.C. A questo periodo risalgono le prime testimonianze artistiche a noi giunte. Il periodo che quindi ci interessa viene suddiviso in tre grandi blocchi: il paleolitico, il mesolitico, il neolitico:
- l’arte paleolitica va all’incirca dal 30.000 al 10.000 a.C.
- l’arte mesolitica va all’incirca dal 10.000 al 6.000 a.C.
- l’arte neolitica va all’incirca dal 6.000 al 4.000 a.C.
Dopo questo periodo inizia la storia, in quanto compare la scrittura, ma finisce anche l’età della pietra, in quanto viene scoperta la metallurgia e compaiono i primi utensili metallici.In Francia e Spagna 16.000 anni fa, gli uomini neolitici europei che abitavano per lo più nelle grotte, ci hanno lasciato pregevoli raffigurazioni pittoriche sulle pareti; le principali e le più straordinarie si trovano a Lescaux e ad Altamira. In particolare le grotte di Lescaux, conosciute come la Cappella Sistina della preistoria, scoperte per caso nel 1940 sono l'esempio di come l'uomo sia in grado, con la pittura, di raggiungere i più alti livelli espressivi. Da quel momento la decorazione è entrata a fare parte di ogni società e cultura. In Cina, India, Mesopotamia e poi in Egitto, Creta la Grecia classica, Roma imperiale tutte queste civiltà hanno sviluppato uno stile originale nella decorazione e nella pittura di edifici sia pubblici che privati. Pompei è l'esempio più conosciuto, in quella città l'arte della decorazione ha raggiunto vette altissime. La decorazione artistica delle domus ha attraversato tutte le epoche storiche segnando stili e mode fino ai giorni nostri. Nelle grotte di Lescaux sono stati censiti centinaia di dipinti realizzati in ocra rossa, ocra gialla e carboncino. Il particolare microclima presente nelle grotte ha permesso di conservare i dipinti praticamente inalterati fino ai giorni nostri. Chi creò quell'epoca straordinaria - la colossale battaglia di animali - e chi la commissionò possedevano già una piena consapevolezza artistica. Poiché gli scheletri degli animali rinvenuti negli scavi fatti vicino alla caverne hanno una struttura morfologica diversa da quella raffigurata nelle pitture, si ritiene che gli autori dei dipinti seguissero degli schemi immaginativi, cioè un codice di espressione artistica. Di eccezionale bellezza sono alcuni graffiti dell'epoca paleolitica scoperti in Francia, a Lascaux, e in Italia. Evidentemente la tecnica della incisione si sviluppò in quasi tutte le zone rupestri dell'Europa. In una cavità di Monte Pellegrino, nelle vicinanze dei Palermo, è possibile ammirare degli agili ed eleganti graffiti raffiguranti un gruppo di persone impegnate in una manifestazione agonistica. Il ritmo, la tensione e il movimento fanno di questa scena un'autentica opera d'arte. Essa assume una particolare importanza anche perché, per quanto se ne sa finora, è la prima che introduce figure umane, eliminando totalmente gli animali. Molto importanti sono altresì eseguite su uno dei massi di Cemno, in Val Camonica, le quali, oltre a raffigurare buoi, capre, cervi e scene campestri, rappresentano anche, in modo emblematico, il culto solare. Il graffito non fu una tecnica tipica ed esclusiva del Paleolitico, ma venne largamente usato anche dai popoli già molto avanti sul cammino della storia, come i Caldei, gli Egizi, i Greci e i Romani, i quali, anche sul piano pittorico, richiamano alla memoria i dipinti scoperti nelle grotte di Lascaux, Font-de-Gaume, Ridaux, Altamira e altre ancora.
Arte paleolitica
I primi esempi di arte figurativa risalgono a circa 25.000 o 30.000 anni fa. Questa età viene definita paleolitica, in quanto sono i periodi iniziali in cui l’uomo utilizza utensili in pietra. Le manifestazione artistiche di questo periodo sono pitture rupestri ritrovate in grotte, spesso inaccessibili, ubicate soprattutto nella Francia centrale e nella Spagna settentrionale, o sculture sbozzate in piccole pietre. Il dato che che appare evidente, in queste prime rappresentazioni, è l’aderenza al naturalismo: l’uomo preistorico concepisce le immagini come raffigurazione del mondo visibile. Realtà che, al di là dei suoi limiti tecnici, l’artista cerca di raffigurare così come egli la percepisce.
Molte ipotesi sono state fatte, sulle motivazioni che hanno indotto gli uomini preistorici a produrre immagini nelle caverne. Dato che i soggetti di queste immagini sono quasi sempre animali, si è pensato ad una specie di ritualità religiosa. L’uomo del paleolitico viveva soprattutto di caccia. Procurarsi il proprio sostentamento con un’attività violenta basata sullo scontro fisico, doveva ingenerare molte ansie esistenziali. A queste si dava probabilmente una risposta in termini, che possiamo definire, magici. La magia è il credere che esistono legami misteriosi tra le cose, che, se sfruttati, producono relazioni di cause ed effetti. Da sempre, uno dei pilastri della magia, è il credere che esista un legame invisibile tra l’immagine e la cosa rappresentata. In tal modo, si può produrre un effetto (benefico o malefico) sulla cosa (per esempio, un animale), agendo sulla sua immagine. Così si giustificherebbe questa produzione di immagini di animali, quale magia propiziatoria, che compivano i cacciatori, prima di andare a caccia.
Tuttavia, ricorrendo allo schema illustrato sopra, la rappresentazione del reale, è sempre momento di conoscenza. Attraverso la costruzione di una immagine, si chiarisce meglio, a livello di coscienza dell’artista, la realtà che si va a rappresentare. È probabile che questa sia la spiegazione più semplice, ma più plausibile, del perché l’uomo del paleolitico abbia iniziato a disegnare immagini nelle caverne: conoscere la realta.
Arte mesolitica e neolitica
L’età paleolitica finisce circa 12.000 anni fa. In questo periodo si ha una modificazione notevole nelle società umane, passando queste da una economia di prelievo (caccia e raccolta di vegetali spontanei) ad una economia di produzione (agricoltura ed allevamento). Le conseguenze di ciò furono notevoli, e portarono ad una struttura embrionale delle società umane, che è ancora quella attuale.
Possiamo ritenere che il cacciatore paleolitico non avesse un legame stabile con un luogo specifico, ma vivesse di flussi migratori, spostandosi alla ricerca di nuove mandrie da cacciare. L’agricoltore mesolitico deve necessariamente radicare la propria vita al sito che ha scelto di coltivare. Nacque così il concetto di proprietà terriera, necessario per distinguere dagli altri il sito che il singolo agricoltore coltivava. Si specializzò ulteriormente la differenziazione dei popoli, in quanto gli agricoltori che coltivavano appezzamenti contermini, finirono per costituire una comunità con propri usi e costumi. In questo momento, in pratica, nacque il concetto di nazione, come connubio di etnia e di territorio di appartenenza. Ed in questa fase, con la necessità di insediamenti stabili nacquero l’architettura e le prime forme di insediamenti urbani. L’attività costruttiva, insieme a quella agricola, fu l’inizio della trasformazione che, da allora, l’uomo è andato compiendo della superficie terrestre, trasformandola da ambiente naturale, ad habitat umano. In sintesi, possiamo ritenere che in questa fase nacque il concetto di territorio, così come ancora oggi lo intendiamo.
Con le prime forme di villaggi stabili e di città nacque la specializzazione del lavoro, e di conseguenza la società cominciò a differenziarsi in classi sociali. In questa fase, possiamo ritenere che si modificò anche la religione. Le divinità dei cacciatori paleolitici non potevano che essere maschili, perché dovevano "dare" la forza necessaria allo scontro con le prede. Le divinità degli agricoltori neolitici divennero femminili, perché l’agricoltura si fonda non sulla forza (che è un principio genetico maschile) ma sulla fertilità (che è invece un principio genetico femminile). Il cacciatore si procurava il cibo attraverso la morte, l’agricoltore attraverso la nascita.
Un ritorno alle divinità maschili si ebbe quando la forza divenne nuovamente un elemento propulsivo. Quando, cioè, le comunità divennero predatrici di altre comunità. La conquista della ricchezza avveniva non più a scapito della natura e degli animali, ma a scapito degli altri uomini che avevano già accumulato altre ricchezze. Ma questo è un passaggio che si comincia a verificare nell’età neolitica ma che diverrà intenso solo quando si passerà dalla preistoria alla storia.
Ma nel mesolitico e nel neolitico assistiamo anche ad una fondamentale rivoluzione per ciò che riguarda l’arte e la comunicazione in genere. Le rappresentazioni paleolitiche sono di tipo naturalistico. Colgono soprattutto l’immagine della realtà. Nel mesolitico e neolitico le rappresentazioni divengono sempre più antinaturalistiche. Si passa prima dall’immagine al simbolo, poi da questo ultimo al segno. In pratica si comincia ad elaborare un sistema di rappresentazione più generico che porta alla sostituzione dell’immagine con un segno di più semplice realizzazione e di più immediata utilizzazione. È questo il passaggio fondamentale che consente all’uomo primitivo di passare da un rappresentazione analogica ad una logica. È il passaggio che determina l’invenzione della scrittura.
In questo momento, con l’invenzione della scrittura, l’uomo riesce ad avere un linguaggio più articolato. Riesce ad elaborare un meccanismo che serve a pensare, ancor prima che a comunicare. È solo grazie al linguaggio che l’uomo può articolare dei pensieri, e non solo elaborare delle sensazioni, in quanto il linguaggio è lo strumento di pensiero per eccellenza. Ma, affinché si abbia un linguaggio, deve avviarsi un grande processo che è quello della significazione. Bisogna, cioè, rende universalmente validi i segni linguistici, e le regole per usarli.
In base alla moderna linguistica, si definisce segno l’unione inscindibile di significato e significante. Una parola (sedia, tavolo, bottiglia, bicchiere) è un segno. Essa rappresenta una realtà, così come le immagini, ma in maniera diversa. Le immagini colgono l’aspetto visibile del reale, le parole solo il concetto. Per cui, con l’immagine si ottiene una rappresentazione di una realtà particolare, con le parole si ottiene una rappresentazione più generica ed universale (la parola «sedia» indica tutti gli oggetti, indipendentemente da forma e fattura, che permettono di sedersi, la parola «bottiglia» tutti gli oggetti, di dimensione non eccessiva, che consentono di contenere un liquido; e così via).
I segni linguistici, proprio perché non rimandano visivamente all’immagine delle cose, per funzionare devono essere univoci: ad una categoria di oggetti deve corrispondere un solo segno, e quel segno deve indicare solo quella categoria di oggetti e non anche altre. In questo modo nasce un segno: quando la parola (il significante) indica, senza possibilità di errore, l’oggetto o il concetto che rappresenta (il significato).
Questa fase di elaborazione del linguaggio, nel grande processo della «significazione», viene testimoniata proprio dalle rappresentazioni artistiche del mesolitico e neolitico. Le raffigurazioni tendono ad essere sempre più semplificate e stilizzate. Si passa, in sostanza, dal disegno al segno.
Le raffigurazioni non colgono più l’individuo, ma diventano il simbolo di una classe di individui. Operando per categorie concettuali, si passa da un pensiero fondato sull’analogia (l’immagine) ad uno fondato sulla logica (la parola).
Rispetto alle pitture, vengono preferite le incisioni, proprio per la maggiore immediatezza di esecuzione e comunicazione. Esse sono il laboratorio per arrivare alle prime forme di scrittura: quelle ideografiche, scritture cioè le cui parole hanno l’aspetto ancora di immagini fortemente stilizzate. In seguito, ma questo avverrà molti secoli dopo, l’uomo inventa anche le scritture fonetiche, così dette in quanto i segni che la compongono non descrivono direttamente le cose ma i suoni che pronunciamo nel dire una parola. Il pregio delle scritture fonetiche, che, a parte Cina e Giappone, sono oggi universalmente adottate, è di utilizzare un numero molto ridotto di segni base (le ventisei lettere del nostro alfabeto occidentale) di contro alle molte migliaia di segni che usano le scritture ideografiche.

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