lunedì 4 febbraio 2008

Nietzsche e l'eterno ritorno Di Emanuele Severino

A CURA DI D. PICCHIOTTI

Pensare una verità immutabile e definitiva, necessaria, significa pensare che ogni accadimento si adegui a una struttura necessaria: non soltanto l'accadimento di ciò che è già stato o di ciò che ormai è, ma anche tutto ciò che ancora non esiste deve adeguarsi a questa struttura; non solo ciò che già esiste ma anche "l'ancora inesistente", "l'ancor niente", se e quando incomincerà ad essere, dovrà sottostare alle leggi costituite - per esempio - dalla presenza di un Dio o dall'esistenza di leggi logiche immutabili.
La contraddizione che caratterizza, dal punto di vista del pensiero contemporaneo, tutta la tradizione occidentale, inclusa la grande esperienza cristiana, è questa: l'esistenza di Dio - Dio teologico, Dio logico, Dio concettuale, in qualsiasi modo il Dio sia inteso -, l'esistenza di un Dio rende impossibile l'esser niente delle cose, che prima di nascere si mantengono appunto nell'inesistenza.
Questa è "l'entificazione del niente", e questa gigantesca contraddizione è ciò in base a cui sostengo che nel pensiero contemporaneo esiste una capacità inarrestabile di distruggere ogni forma della tradizione filosofica, e cioè ogni modo di evocare e di edificare strutture eterne.
Ad esempio, in Also sprach Zarathustra (Così parlò Zarathustra) - è un esempio tra molti che si potrebbero fare - nel capitolo intitolato "Sulle isole beate", Zarathustra dice: "Se esistessero dei creatori, come potrei io creare? Mi resterebbe ancora qualcosa da creare? No, dunque non vi sono creatori".
L'evidenza originaria in questo discorso è la creatività dell'uomo: la creatività dell'uomo è il modo in cui l'uomo si inserisce nel divenire, la creatività è il divenire dell'uomo.
Se Nietzsche è il pensatore che forse più di ogni altro afferma il carattere radicalmente ed essenzialmente diveniente delle cose, del mondo, di tutto, come può egli affermare l'eterno ritorno di tutte le cose? Ebbene, la dottrina dell'eterno ritorno ripropone, contrariamente a quanto normalmente si pensa, questa struttura. E' per gli stessi motivi per i quali un Dio eterno non può esistere, che nella seconda dottrina, cioè nella dottrina dell'eterno ritorno, si dice che è necessario che tutte le cose ritornino eternamente.
Come prima si diceva che se c'è un Dio non ci può essere il divenire consistente nella creatività del volere, ora Nietzsche - e certo bisogna fare una certa fatica per scoprirlo, ma c'è nel pensiero nietzscheano - afferma che se intendiamo il divenire come un processo in cui il passato è l'immodificabile, l'irrecuperabile, l'indominabile da parte della volontà, allora la volontà si trova di fronte al passato come di fronte a un Dio, e anzi l'immutabilità del passato presenta i tratti più caratteristici del divino, appunto la sua intoccabilità: il passato è l'ormai intoccabile. Se esiste il passato in questi termini, allora questo passato immodificabile implica l'impossibilità della volontà creativa, ma la volontà creativa è l'evidenza originaria dell'Occidente, il divenire è l'evidenza originaria, è la fede indiscutibile dell'Occidente: dunque sul fondamento di questa fede, come è impossibile un qualsiasi Dio, così è impossibile un passato il quale si costituisca come immodificabile.
Tratto dall'intervista "Nietzsche e l'eterno ritorno" - Brescia, abitazione Severino, venerdì 16 dicembre 1994

Nessun commento: